Sta avvenendo un fatto anomalo per noi che abitiamo nei Paesi
industrializzati, giacché è stato vissuto dai nostri antenati a partire
dall’XI° secolo fino al XIV°, quando, durante lo svolgimento della civiltà
comunale, la prosperità della vita dei cittadini subordinò a sè quella della
campagna. Nei Paesi sottosviluppati, ad onor del vero, si vive sia in città che
in campagna una vita stentata, a causa della grande povertà. Tuttavia i disagi che la gente deve sopportare in campagna
sono di gran lunga superiori a quelli della città. Da questo dato nasce negli
abitanti delle campagne il desiderio di trasferirsi nelle città, dal momento
che questa è vista come il rimedio a tutte le angustie che offre la campagna.
Purtroppo non si è rimediato a nulla col trasferimento in massa della
popolazione dalla campagna in città.
Diremo anzi che si è andati incontro ad una situazione
peggiore rispetto a quella che s’intendeva rimediare, in quanto si è venuti ad
incorrere negli aspetti più deteriori del megalopolitismo.
In tempi recenti nei Paesi sottosviluppati si è verificato un fenomeno che, ad
una considerazione superficiale, potrebbe sembrare assurdo, ma che assurdo non
è. Infatti, se si considera che il megalopolitismo (cioè
l’ingrandimento gigantesco e disordinato delle città del Terzo mondo) nasce
dalla necessità che le popolazioni delle campagne hanno avvertito nel trasferirsi
in città alla ricerca di una sopravvivenza che la campagna non poteva ormai più
offrire, si constata che è la realtà delle situazioni che lo genera.
L’assurdo, semmai, scaturisce dall’illusorietà deleteria che
produce. Molte città del Terzo mondo oggi sono invivibili, sono infatti fonte
di rischi imponderabili per le comunità che le abitano. Ciò è dovuto al gran
numero di persone che vi risiedono senza che esse possano garantire loro le
adeguate strutture di accoglienza. Queste città, che nella prima metà del ‘900 erano
strutturate per l’accoglienza di un certo numero di abitanti (poniamo cinque o
seicentomila) ora se li sono visti moltiplicati da cifre assolutamente
imprevedibili. Città come Calcutta, Bombay, Caraci, Il Cairo, Città del
Messico, Lima, Buenos Aires, Rio De Janeiro, ecc., sono diventate dei veri
cumoli di rifiuti, fogne a cielo aperto perché non sussistono i servizi
igienici più elementari per i loro abitanti.
Brano tratto dal libro “Verso quale approdo?” Di Giuseppe
Piroddi
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